TRINACRIA- SICILIA












Breve sintesi delle origini dei popoli di Sicilia

« I Siculi dall’Italia, ivi infatti abitavano,  passarono nella Sicilia, fuggendo gli Opici, su zattere, secondo la leggenda e la verosimiglianza, dopo aver aspettato di passare allo spirare di un vento favorevole o forse sbarcando in qualche altro modo. Nell’Italia vi sono ancora dei Siculi e il paese fu chiamato Italia da Italo, un re dei siculi che aveva questo nome. Giunti in Sicilia, grosso popolo com’erano, vinsero in battaglia i Sicani, li scacciarono verso le parti meridionali e occidentali del paese e fecero sì che la terra si chiamasse Sicilia invece di Sicania. La abitarono, possedendo,dopo la traversata, le parti migliori della terra, circa trecento anni prima della venuta dei Greci. » (Tucidide, Storie)
I reperti più antichi confermano la presenza di identità etniche appartenenti a tre diversi gruppi: elimi, di supposta origine dell’Asia Minore. I  sicani e siculi di origine indoeuropea. 
Secondo i dati storici vediamo la Sicilia orientale popolata dai siculi, con al centro i sicani ed a occidente gli elimi, oltre a colonie fenicie di origine semitica.
I siculi.
Soppiantando lentamente i sicani, il popolo siculo, che risale al II millennio a.C., si è insediato nella parte orientale dell’isola, proveniente dalla penisola con una emigrazione per sfuggire dall’ invasioni dei loro territori dagli Enotri e dagli Opici. I dati che si possiedono sulla loro lingua provano una certa affinità con il latino. Nemici dei greci, così come i sicani, ne assorbirono tuttavia la loro cultura. Ai siculi si attribuisce il culto dei Palici, due gemelli, figli di Zeus e della ninfa Talia, vennero al mondo ben due volte (palin = nuovamente, ikein = venire) - dalla madre prima e dalla terra poi - a causa della gelosia di Era (moglie di Zeus) che pregò la terra di ingoiare Talia; ma in seguito il suolo si aprì rigenerando i due neonati: i palíci. L’origine della mitologia non è certa; una leggenda fa i Palici figli Zeus, o probabilmente di Efesto, con la ninfa Etna o Talia, ma altri affermano che i Palici erano figli del dio siculo Adranos.
Il culto, oltre a quello del dio Adranos, è collegato con quello della dea Hyblaia. Il mito dei Palici è raccontato nelle Etnee di Eschilo di cui rimangono pochi frammenti.
I sicani
   Gli studi archeologici fanno risalire al III millennio a.C. l’arrivo dei sicani nella Sicilia occidentale, in particolare nella parte situata ad ovest dell’Imera del sud (Salso). I loro contatti con la civiltà minoica sono stati convalidati da scoperte recenti mentre non sono tuttora chiari i rapporti esistenti con i vicini elimi. Giunti probabilmente dalla Spagna, i sicani fanno di Iccara, Inico e Indara i loro centri principali.
Gli Elimi
Stanziatisi nella parte nord-occidentale della Sicilia, probabilmente prima dell’avvento dei coloni fenici, gli elimi fanno di Segesta, Erice ed Entella i loro centri principali. La storia di questo popolo si conclude già nel IV sec. a.C. e le testimonianze a noi pervenute dicono poco. Secondo il mito, Elimo era un principe troiano, figlio di Anchise e fratellastro di Enea.
Nello stesso periodo si hanno varie colonie Fenice costituite in città stato sulle coste a cui poi succedete la colonizzazione greca.
Sicilia, un Isola che merita una visita per la sua storia e gli innumerevoli siti archeologici. 












Breve sintesi delle origini dei popoli di Sicilia

« I Siculi dall’Italia, ivi infatti abitavano,  passarono nella Sicilia, fuggendo gli Opici, su zattere, secondo la leggenda e la verosimiglianza, dopo aver aspettato di passare allo spirare di un vento favorevole o forse sbarcando in qualche altro modo. Nell’Italia vi sono ancora dei Siculi e il paese fu chiamato Italia da Italo, un re dei siculi che aveva questo nome. Giunti in Sicilia, grosso popolo com’erano, vinsero in battaglia i Sicani, li scacciarono verso le parti meridionali e occidentali del paese e fecero sì che la terra si chiamasse Sicilia invece di Sicania. La abitarono, possedendo,dopo la traversata, le parti migliori della terra, circa trecento anni prima della venuta dei Greci. » (Tucidide, Storie)
I reperti più antichi confermano la presenza di identità etniche appartenenti a tre diversi gruppi: elimi, di supposta origine dell’Asia Minore. I  sicani e siculi di origine indoeuropea. 
Secondo i dati storici vediamo la Sicilia orientale popolata dai siculi, con al centro i sicani ed a occidente gli elimi, oltre a colonie fenicie di origine semitica.
I siculi.
Soppiantando lentamente i sicani, il popolo siculo, che risale al II millennio a.C., si è insediato nella parte orientale dell’isola, proveniente dalla penisola con una emigrazione per sfuggire dall’ invasioni dei loro territori dagli Enotri e dagli Opici. I dati che si possiedono sulla loro lingua provano una certa affinità con il latino. Nemici dei greci, così come i sicani, ne assorbirono tuttavia la loro cultura. Ai siculi si attribuisce il culto dei Palici, due gemelli, figli di Zeus e della ninfa Talia, vennero al mondo ben due volte (palin = nuovamente, ikein = venire) - dalla madre prima e dalla terra poi - a causa della gelosia di Era (moglie di Zeus) che pregò la terra di ingoiare Talia; ma in seguito il suolo si aprì rigenerando i due neonati: i palíci. L’origine della mitologia non è certa; una leggenda fa i Palici figli Zeus, o probabilmente di Efesto, con la ninfa Etna o Talia, ma altri affermano che i Palici erano figli del dio siculo Adranos.
Il culto, oltre a quello del dio Adranos, è collegato con quello della dea Hyblaia. Il mito dei Palici è raccontato nelle Etnee di Eschilo di cui rimangono pochi frammenti.
I sicani
   Gli studi archeologici fanno risalire al III millennio a.C. l’arrivo dei sicani nella Sicilia occidentale, in particolare nella parte situata ad ovest dell’Imera del sud (Salso). I loro contatti con la civiltà minoica sono stati convalidati da scoperte recenti mentre non sono tuttora chiari i rapporti esistenti con i vicini elimi. Giunti probabilmente dalla Spagna, i sicani fanno di Iccara, Inico e Indara i loro centri principali.
Gli Elimi
Stanziatisi nella parte nord-occidentale della Sicilia, probabilmente prima dell’avvento dei coloni fenici, gli elimi fanno di Segesta, Erice ed Entella i loro centri principali. La storia di questo popolo si conclude già nel IV sec. a.C. e le testimonianze a noi pervenute dicono poco. Secondo il mito, Elimo era un principe troiano, figlio di Anchise e fratellastro di Enea.
Nello stesso periodo si hanno varie colonie Fenice costituite in città stato sulle coste a cui poi succedete la colonizzazione greca.
Sicilia, un Isola che merita una visita per la sua storia e gli innumerevoli siti archeologici. 









Breve sintesi delle origini dei popoli di Sicilia

« I Siculi dall’Italia, ivi infatti abitavano,  passarono nella Sicilia, fuggendo gli Opici, su zattere, secondo la leggenda e la verosimiglianza, dopo aver aspettato di passare allo spirare di un vento favorevole o forse sbarcando in qualche altro modo. Nell’Italia vi sono ancora dei Siculi e il paese fu chiamato Italia da Italo, un re dei siculi che aveva questo nome. Giunti in Sicilia, grosso popolo com’erano, vinsero in battaglia i Sicani, li scacciarono verso le parti meridionali e occidentali del paese e fecero sì che la terra si chiamasse Sicilia invece di Sicania. La abitarono, possedendo,dopo la traversata, le parti migliori della terra, circa trecento anni prima della venuta dei Greci. » (Tucidide, Storie)
I reperti più antichi confermano la presenza di identità etniche appartenenti a tre diversi gruppi: elimi, di supposta origine dell’Asia Minore. I  sicani e siculi di origine indoeuropea. 
Secondo i dati storici vediamo la Sicilia orientale popolata dai siculi, con al centro i sicani ed a occidente gli elimi, oltre a colonie fenicie di origine semitica.
I siculi.
Soppiantando lentamente i sicani, il popolo siculo, che risale al II millennio a.C., si è insediato nella parte orientale dell’isola, proveniente dalla penisola con una emigrazione per sfuggire dall’ invasioni dei loro territori dagli Enotri e dagli Opici. I dati che si possiedono sulla loro lingua provano una certa affinità con il latino. Nemici dei greci, così come i sicani, ne assorbirono tuttavia la loro cultura. Ai siculi si attribuisce il culto dei Palici, due gemelli, figli di Zeus e della ninfa Talia, vennero al mondo ben due volte (palin = nuovamente, ikein = venire) - dalla madre prima e dalla terra poi - a causa della gelosia di Era (moglie di Zeus) che pregò la terra di ingoiare Talia; ma in seguito il suolo si aprì rigenerando i due neonati: i palíci. L’origine della mitologia non è certa; una leggenda fa i Palici figli Zeus, o probabilmente di Efesto, con la ninfa Etna o Talia, ma altri affermano che i Palici erano figli del dio siculo Adranos.
Il culto, oltre a quello del dio Adranos, è collegato con quello della dea Hyblaia. Il mito dei Palici è raccontato nelle Etnee di Eschilo di cui rimangono pochi frammenti.
I sicani
   Gli studi archeologici fanno risalire al III millennio a.C. l’arrivo dei sicani nella Sicilia occidentale, in particolare nella parte situata ad ovest dell’Imera del sud (Salso). I loro contatti con la civiltà minoica sono stati convalidati da scoperte recenti mentre non sono tuttora chiari i rapporti esistenti con i vicini elimi. Giunti probabilmente dalla Spagna, i sicani fanno di Iccara, Inico e Indara i loro centri principali.
Gli Elimi
Stanziatisi nella parte nord-occidentale della Sicilia, probabilmente prima dell’avvento dei coloni fenici, gli elimi fanno di Segesta, Erice ed Entella i loro centri principali. La storia di questo popolo si conclude già nel IV sec. a.C. e le testimonianze a noi pervenute dicono poco. Secondo il mito, Elimo era un principe troiano, figlio di Anchise e fratellastro di Enea.
Nello stesso periodo si hanno varie colonie Fenice costituite in città stato sulle coste a cui poi succedete la colonizzazione greca.
Sicilia, un Isola che merita una visita per la sua storia e gli innumerevoli siti archeologici. 






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Appunti di storia della Sicilia


 a cura di Publio Manlio Cozio



A Palermo, il palazzo reale viene, normalmente, chiamato Palazzo dei Normanni. E ci ricorda le principali fasi storiche della Sicilia nel I° millennio d.C.; fasi che potremmo definire arabo-normanne.
Nei secoli VIII e IX la Cacciata dei Bizantini da parte di eserciti saraceni e berberi sbarcati a Mazara del Vallo generò la creazione di un Emirato arabo-tunisino che appartenne per lungo tempo, prima alla Dinastia degli Aghlabiti poi a quelli dei Fatimi. Tale occupazione, considerato il grave stato di decadimento dell'isola e dei suoi abitanti portò a un notevole sviluppo per quanto attiene alle culture più varie; introdusse infatti artisti, architetti, poeti e scienziati di eccelso valore. Ne sono testimonianza i pochi monumenti ancora rimasti in quanto non distrutti da successive faide fra varie signorie locali (emiro Bencumen di Siracusa, quello di Agrigento Belcamend e altri) che assoldarono i primi Normanni, ancora rozzi e barbari per risolvere le loro dispute.
 


                                       
Federico I Barbarossa                                       Federico II di Svevia       
 

Solo con successivi interventi di Guglielmo d'Altavilla detto Braccio di ferro e dei suoi fratelli Ruggero I nonché Roberto detto il Guiscardo, l'isola poté iniziare un'epoca di tranquilla prosperità, ma che fu purtroppo di breve durata poiché seguirono disordini, rivoluzioni e lotte di tipo tribale, fortunatamente repressi nel tempo dalla dinastia degli Hohenstaufen (Federico Barbarossa, Enrico VI e principalmente Federico II di Svevia, futuro dominatore di tutto il regno di Sicilia (vedasi cartina in calce) i quali riportarono il territorio al meritato splendore che tuttora sussiste.

 Regno di Sicilia sotto gli Svevi





Breve sintesi

Greci approdarono sulle coste orientali dell'isola, dove fondarono colonie come Catania, Siracusa, Gela e Agrigento. I tiranni di Siracusa (soprattutto al tempo di Dionigi il Vecchio) tentarono la conquista di tutta l'isola confrontandosi con iFenici, l'altra potenza mediorientale. Gli scontri ai confini delle rispettive aree d'influenza si ebbero a Selinunte, al sud, e ad Imera, al nord (480 a.C.).
Sono, poi, i Romani a sottomettere le colonie greche e, con le guerre puniche, ad acquisire anche quelle cartaginesi. Da allora l'isola divenne una provincia fondamentale per la politica e l'economia dell'impero Romano.
Con l'arrivo del flagello barbarico nell'Occidente europeo, anche l'isola iniziò a risentire della nuova realtà che stava maturando. Questo periodo è databile dal 440 al 535: da quando, cioè, il capo dei Vandali, Genserico, estese la sua potenza egemonica a tutto il Mediterraneo occidentale. Fu un duro colpo per Roma, perché dalla Sicilia proveniva gran parte del grano necessario alla vita della penisola italica e della stessa Roma. La Sicilia rimase sotto il dominio vandalico sino al 476, quando divenne re d'Italia Odoacre. L'isola passò, poi, in mano ai Goti e Teodorico il Grande subentrò al re degli Eruli nel regno barbarico d'Italia (495).

Conquistato l'impero vandalico d'Africa (534), il generale di Giustiniano,Belisario, fece sua la Sicilia in appena un anno. Iniziò, così, il processo di "bizantinizzazione": cultori e letterati prosperarono in Sicilia, come i papiAgatone, Leone e Sergio, e Giorgio di Siracusa. Grande fama ebbe, inoltre, Gregorio di Agrigento (sec. VI), autore di opere di ampia diffusione nell'ambito filosofico del tempo e letterati quali Epifanio di Catania e Gregorio Bizantino.

Nell'827 arrivò il momento dello sbarco musulmano a Mazara del Vallo,primo passo verso la conquista di tutta l'isola. Nell'831 cadde Palermo, nell'865 Siracusa, e solo molto più tardi ebbero uguale sorte le ultime roccaforti della resistenza bizantina. L'organizzazione dell'emirato fece centro su Palermo, nuova capitale dell'isola al posto di Siracusa: la nuova città, con le sue trecento moschee, era in competizione con le grandi città dell'Oriente e dell'Occidente musulmano. E' certo che, soprattutto nella parte centro-occidentale dell'isola, si ebbe una vera e propria arabizzazione che perdura ancora adesso nella toponomastica e nell'agricoltura, particolarmente per quanto concerne le tecniche dell'irrigazione e della conduzione di orti e giardini.
Il ritorno della Sicilia all'Occidente si ebbe con i Normanni. Nella fase della loro grande espansione, fu concepita una precrociata per scacciare gli infedeli Musulmani dal centro del Mediterraneo. L'impresa, condotta dal più giovane dei fratelli Altavilla, Ruggero, durò trenta anni (1061-1091). Politica e cultura convissero per il costante impegno mecenatico dei sovrani normanni: nel campo delle arti, come in quello letterario e scientifico. Il matrimonio di Costanza d'Altavilla con Enrico VI di Svevia, figlio dell'imperatore Federico I Barbarossa,consentì la discesa in Sicilia di Enricoe la sua incoronazione a Palermo. Ma l'età sveva (1194-1250) ebbe il suo grande protagonista in Federico II, nato da Costanza ed Enrico. Egli fece dell'isola la base della sua politica imperiale, ma ciononostante non vi soggiornò quasi mai, impegnato nella lotta contro i comuni dell'Italia settentrionale e nella politica germanica. Alla sua morte (1250), il regno meridionale passò al figlio Corrado IV e poi al figlio Manfredi. Questo periodo ebbe sviluppi incredibili sul piano della giurisprudenza, della letteratura in latino, delle scienze sperimentali e della poesia in volgare.

Alla morte di Federico II, la corona passò a Carlo d'Angió, fratello di Luigi IX il Santo, re di Francia. Col pretendente francese si confrontarono prima Manfredi, eliminato nella battaglia di Benevento (1266), e poi il piccolo Corradino, sconfitto a Tagliacozzo e fatto decapitare dall'Angioino (1268). Ma la dominazione angioina nel regno di Sicilia era mal sopportata dai Siciliani, che non riuscirono ad adattarsi all'arroganza dei nuovi signori. La rivoluzione del Vespro, scoppiata a Palermo il 31 marzo 1282, determinò lo sterminio dei Francesi e la cacciata degli Angioini dall'isola. Come proprio sovrano i Siciliani scelsero Pietro III d'Aragona. Il processo di declino del regno aragonese trovò il suo sbocco in una riconquista promossa da Martino l'Umano per conto del figlio, Martino il Giovane. Questi sostenne una lunga lotta contro l'indomabile baronaggio siciliano. Rimase in Sicilia, a tenere il potere come vicaria, Bianca di Navarra, seconda moglie di Martino il Giovane. Contro di lei si mosse il grande ammiraglio del regno, Bernardo Cabrera. La nuova guerra civile fece scadere il regno a vice-regno, quando sul trono d'Aragona venne eletto Ferdinando d'Antequera. Bianca fu richiamata alla corte iberica ed in Sicilia fu inviato il viceré Giovanni duca di Penafiel. Contro ogni tentazione autonomistica, Alfonso V il Magnanimo (1416-1450) nominò una serie di viceré scelti da lui con oculatezza.
I due regni di Sicilia, con la morte di Alfonso il Magnanimo, furono divisi e quello isolano fu unito alla corona d'Aragona. Era il momento in cui cresceva la grande Spagna dei re Cattolici, l'età delle grandi scoperte geografiche e scientifiche, il tempo in cui, con Maometto II ed i suoi successori, la potenza turca partì alla conquista dell'Occidente. La Sicilia assunse una posizione strategica, antemurale contro l'aggressione ottomana e i pirati barbareschi. Nel 1535, Carlo V visitò l'isola ed entrò trionfalmente a Palermo. Nel Seicento, nella Sicilia spagnola che vide il trionfo dell'effìmero in campo artistico, si aggravò la situazione economica, poiché le carestie resero deserte le campagne e la fame dilagava per le grandi città. Nel 1647 una rivolta divampò a Palermo: la folla assalì il palazzo di città e liberò i prigionieri della Vicarìa. Maggiore successo ebbe quella delle maestranze artigiane palermitane, capeggiata da Giuseppe D'Alesi che tentò l'instaurazione di un governo popolare.

Il trattato di Utrecht (1713) assegnò la Sicilia al duca di Savoia Vittorio Amedeo II che, in quello stesso anno, raggiunse Palermo. Dopo qualche tempo, tornò in Piemonte carico di beni ed accompagnato da uomini di cultura, fra i quali l'architetto Filippo Juvara. Lasciò come viceré il conte Maffei, il quale dovette affrontare la campagna militare del cardinale Alberoni per riportare con la forza la Sicilia sotto la Spagna. La spedizione del 1718 costrinse i Savoiardi nell'interno dell'isola. Ma il trattato dell'Aia (1720), voluto da Austriaci ed Inglesi, portò l'isola sotto Carlo VI d'Austria, che nomina viceré il duca di Montelcone. Dopo i Savoia, gli Austriaci continuarono ad impoverire la Sicilia.

Filippo V di Spagna investì Carlo del regno delle Due Sicilie. Questi giunse nell'isola a Palermo (30 giugno 1735) per farsi incoronare. La pace di Vienna (1738) gli riconobbe, poi, il titolo. La Sicilia attendeva dal nuovo sovrano la soluzione dei suoi numerosi problemi. Carlo III, con una intelligente politica riformista, cercò di sollevare i sudditi dalle condizioni di estrema miseria in cui versavano. Istituì la "Giunta per gli affari di Sicilia" e quella "per il commercio del grano", stipulò accordi commerciali con gli Stati africani.
Nel 1759 giunse, come viceré, Domenico Caraccioloche introdusse le riforme contro i privilegi del baronaggio e la soppressione del famigerato Tribunale dell'Inquisizione (1782). Ma l'epoca del Caracciolo fu anche quella in cui si aggravò il distacco della Sicilia da Napoli e in cui aumentarono le pressioni autonomistiche da parte dei siciliani. Con l'appoggio inglese ed in particolare di lord Bentink, la Sicilia ottenne una Costituzione su modello inglese, approvata dal parlamento il 19 luglio 1812 e sanzionata dal re il 10 agosto. Questa costituzione fu rinnegata da Ferdinando, quando il Congresso di Vienna (1816) gli confermò la corona delle Due Sicilie. Il malcontento antiborbonico si configurò nella penetrazione della Carboneria in Sicilia anche tra i borghesi e il clero. I moti del '20 furono repressi con la forza militare e il ripristino dell'assolutismo portò ad una intensificazione dell'azione dei Carbonari. La rivolta capeggiata da Domenico Di Marco, a Palermo, e quelle di Siracusa e Catania vennero soffocate. I moti del '48, capeggiati da Giuseppe La Masa a Palermo, dilagavano per tutta la Sicilia. Fu costituito un governo provvisorio, si diede vita al Parlamento e si costituì un esercito in grado di contrastare il ritorno armato dei Borboni. Il 15 maggio 1849, le truppe del generale Filangeri entrarono a Palermo. La restaurazione borbonica fu travagliata da cospirazioni che ne intralciarono l'attività e gli esuli siciliani elessero alla causa dell'isola lo stesso Giuseppe Mazzini.
     

Arriviamo, così, al 1860: a Garibaldi, ai Savoia, alla prima guerra mondiale, al  fascismo, alla seconda guerra ed alla regione autonom







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Leggende sull'origine della Sicilia
Il popolo siciliano, forte della sua vivacità spirituale e del suo esuberante carattere, ha trasfigurato in leggende anche l'origine stessa della sua terra definendo la Sicilia come un dono fatto da Dio al mondo in un momento di supremo gaudio. Pertanto l'isola mediterranea non sarebbe altro che la metamorfosi di un diamante posto da Dio nel mezzo del mare per la felicità del mondo.
I tre promontori, che danno alla Sicilia il suo tipico aspetto triangolare, sarebbero il frutto dell'estro di tre ninfe, che vagavano per il mare prendendo dalle parti più fertili del mondo un pugno di terra mescolata con sassolini.
Le tre ninfe si fermarono sotto il cielo più limpido e azzurro del mondo e, da tre punti ove si erano fermate, gettarono il loro pugno di terra nel mare e vi lasciarono cadere i fiori e le frutta che esse recavano nei veli che le ricoprivano. Il mare, al loro apparire, si vestì di tutte le luci dell'arcobaleno e, a poco a poco, dalle onde emerse una terra variopinta e profumata, ricca di tutte le seduzioni della natura.

I tre vertici del triangolo, dove le tre bellissime ninfe avevano iniziato la loro danza, divennero i tre promontori estremi della nuova isola e si chiamarono capo Faro (Peloro) dal lato di Messina, capo Passero (Pachino) dal lato di Siracusa, e capo Boeo (Lilibeo) dal lato di Palermo. "Da questa configurazione a tre vertici" scrive Enrico Mauceri "venne alla Sicilia antica il nome di Triquetra o Trinacria che diede, forse in epoca ellenistica, quella rappresentazione strana e caratteristica al tempo stesso, di una figura gorgonica a tre gambe, adottata perfino in alcune monete dell'antichità classica, e divenuta poi il simbolo, diremo così, ufficiale dell'isola".
La bellissima principessa Sicilia
Il nome dell'isola è nato da una leggenda, che parla di una bellissima ma sfortunata principessa del Libano, che si chiamava appunto Sicilia. Alla sua nascita le era stato predetto da un oracolo che al compimento dei quindici anni d'età avrebbe dovuto lasciarela propria terra natia, sola e su una barchetta, altrimenti sarebbe stata pasto dell’ingordo Greco-Levante, che le sarebbe apparso sotto le mostruose forme di un gatto mammone, divorandola.
Per scongiurare questo pericolo, non appena compì quindici anni (che così voleva l'oracolo) il padre e la madre, piangenti, la posero in una barchetta, e la affidarono alle onde.
E le onde, dopo tre mesi (ritorna puntualmente il numero 3), quando ormai la povera Sicilia credeva di dover morire di fame e di sete, poiché tutte le sue provviste si erano esaurite, deposero la giovinetta su una spiaggia meravigliosa, in una terra luminosa, calda e piena di fiori e di frutti, colma di profumi, ma assolutamente deserta e solitaria.
Quando la giovinetta ebbe pianto tutte le sue lacrime, ecco improvvisamente spuntare accanto a lei un bellissimo giovane, che la confortò, e le offerse ospitalità e amore, spiegando che tutti gli abitanti erano morti a causa di una peste, e che il destino voleva che fossero proprio loro a ripopolare quella terra con una razza forte e gentile, per cui l'isola si sarebbe chiamata col nome della donna che l'avrebbe ripopolata; e, infatti, si chiamò Sicilia, e la nuova gente crebbe forte e gentile, e si sparse per le coste e per i monti.
Qual è il fondamento storico di questa fascinosa leggenda?
Lasciando da parte le questioni etimologiche (con le quali si è arrivati a congetturare che il termine Sicilia deriverebbe dall'unione delle due voci antiche sik ed elia, indicanti rispettivamente il fico e l'ulivo, e starebbe a significare la fertilità della terra siciliana) c'è da osservare che i due grandi folcloristi che hanno riportato questa leggenda, il Salomone Marino e il Pitrè, hanno concordemente indicato il riferimento culturale, cogliendolo nell'antica favola di Egesta, abbandonata dal padre Ippota su una barchetta affidata alle onde, perché non diventasse preda dell'orribile mostro marino inviato dal dio del mare Nettuno; e che poi, approdata in Sicilia, e sposa di Crìmiso, generò l'eroe Aceste di cui parla Virgilio nel quinto libro dell'Eneide; ma ambedue hanno trascurato il fondamento storico, che è dato dall'accenno all'ingordo Greco-Levante, che avrebbe divorato la povera Sicilia. Il temibile mostro greco-levantino altro non è che l'impero bizantino, la cui dominazione in Sicilia, protrattasi dal 535 all'827, lasciò un cattivo ricordo nell'isola per il suo avido fiscalismo, tanto che fino a qualche tempo fa si diceva ai bambini cattivi, per farli impaurire: "Vidi ca vénunu i greci!" (bada che stanno per venire i bizantini).
Il che spiega sufficientemente la genesi storica della leggenda.

fonti da ricerche sul web
vedi anche: Appunti di storia della Sicilia
                 
I popoli della Sicilia, breve sintesi delle origini

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