POESIE E DINTORNI


    ci.
    Si può anche essere infelici amando.... e tanto.
    Gli amori non corrisposti.
    Quelli incompresi.
    Quelli inutili.
    Quelli impossibili... per esempio."
    Ecco...
    Era meglio che non chiedevo più niente.
    Adesso mi era chiaro il concetto.
    Quello della felicità.
    E quello dell'infelicità









 








































ALDA MERINI: I DUE AMANTI
Ribaciami amore è
solo ieri
che mi hai sfiorato la lingua
con il verbo del tuo violino,
acino d'uva il tuo fallo
che posi sul granbo migliore.

Rimani e ascolta
l'ultimo respiro di vita
che si libera dai miei capelli


L'onestà

L'onestà è un bene unico
i più sono beni falsi o ingannevoli.
Se ti convincerai di questo
e amerai appassionatamente la virtù
"amarla soltanto
infatti sarebbe troppo poco"
tutto ciò che essa toccherà
sarà per te ricchezza e felicità
comunque la pensino gli altri.
Sia chiaro che niente è buono
se non è onesto
e che tutti i guai a ragione
saranno chiamati beni
se baciati dalla virtù.
Gli uomini onesti sanno
che le ricchezze si trovano
in un luogo diverso
da quello in cui vengono ammucchiate
sanno che si deve riempire l'anima
non il forziere.
Se potessimo vedere l'anima di un uomo
onesto e virtuoso
che bella figura
che splendore di magnificenza
e serenità vedremmo.
Da una parte
risplendono la giustizia e la fermezza
dall'altra
la temperanza e la prudenza.
E oltre a queste la pazienza
la generosità
l'affabilità
e bene raro in un uomo
l'umanità.




 








                                     



Poesie di giugno -cielo
Poesia di Ada Negri 
Cielo di Giugno
Cielo di giugno, azzurra giovinezza
dell'anno; ed allegrezza
di rondini sfreccianti in folli giri

nell'aria. Ombre, ombre d'ali
vedo guizzar sul bianco arroventato
del muro in fronte: ombre a saetta, nere,
vive al mio sguardo più dell'ali vere.
Traggon dal nulla, scrivendo con nulla
parole d'un linguaggio
perduto; e le cancellano
ratte, fuggendo via fra raggio e raggio.


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dedicato al mese di giugno appena arrivato!

                                                   Poesie di giugno
E' arrivato Giugno

 IL CIELO al mattino è terso e il sole scotta.
NEI CAMPI il contadino miete e riempie il suo granaio. La buona terra ha premiato la sua fatica.
Ma il suo lavoro non è finito; dovrà lavorare ancora per la monda e il trapianto del riso
e per la sarchiatura del granoturco.
SULLE PIANTE stride la cicala, fra le erbe
si alza il cri-cri del grillo canterino e, la sera comincia il passaggio aereo delle lucciole
con le loro lucine gialle. La campagna è piena d'insetti che divorano e si divorano a vicenda.
IL FRUTTIVENDOLO ha ingombrato con
le sue ceste di ortaggi e di frutta, anche il sentiero
o il marciapiede. Ha messo fuori delle ciliegie,
delle amarene e delle albicocche che fanno venire
l'acquolina in bocca.
IL GIARDINO è pieno di fiori e di verde.
Ci sono rose, gerani, fiordalisi, tulipani, oleandri
e genziane. Tutti i giorni ne fioriscono.
A SCUOLA si attendono le vacanze, le grandi vacanz della calda Estate.
Non si parla d'altro e non si scrive d'altro.
Ancora pochi giorni - dice la mamma...
Ancora pochi giorni - dice il maestro...
Poi la pagella e, addio scuola!
IN CITTA si parte. - Si va al mare, si va ai monti, si va in campagna e, c'è chi va a giocare
sui prati della periferia, come Giorgio, Sandro e Pinuccio.
I bar hanno messo i tavolini all'aperto con gli ombrelloni colorati e le sedie.
Qualche bambino corre al bar e torna adagio adagio, succhiando un
buon gelato di panna e limone.


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La  Patria 
Lo sai, fanciullo, che cos'è la Patria?
È la casa dove tua madre
t'ha cullato sulle sue ginocchia e tuo
padre ha lavorato per te.
È il prato dov'è spuntata l'erba
trapunta di margherite, per la gioia
delle tue corse.
È la scuola dove s'è aperta la
tua piccola mente alle prime nozioni,
e il tuo cuore ai primi affetti.
È la terra su cui sventola la
bandiera dai tre colori.
È il cimitero dove riposano i
morti che i tuoi genitori piangono
ancora.

È il campanile da cui giunge
la voce che invita a pregare.
Sono i campi che producono
 per te. Sono le pianure, le colline,
le montagne che tu calchi, di cui
 tu respiri l'aria salubre.
 È il cielo a cui tu volgi gli
 occhi nella gioia e nel dolore.




































La Fiaba della Pecorella e del Pastore



C'era una volta un Pastore che aveva un bellissimo gregge. Lo teneva in recinto sotto le stelle, nel prato verde della sua valle. Per le sue pecorelle c'era sempre l'erba più fresca del pascolo e l'acqua più pura della fonte. Spiegava loro la bellezza della sua valle e l'abbondanza che avrebbero avuto per tutta la vita all'interno del recinto sotto le stelle. Insegnava loro ad essere felici e fedeli al Pastore, accarrezzando il morbido vello ogni giorno e ogni sera.
Le pecorelle amavano il loro Pastore e il suo recinto, fino quando una notte una Pecorella vide nel cielo un astro luminoso alla fine del bosco oltre la valle, che sembrava risplendere più delle altre stelle.
La Pecorella rimase rapita, tanto che anche durante il giorno, restava immobile in quell'angolo di recinto a guardare in alto, come se vedesse quella stella tra l'azzurro e le nuvole.
Il Pastore se ne accorse, perché la Pecorella non ascoltava nemmeno più i suoi insegnamenti.
Fu così che, preoccupato di una fuga, alzò il recinto di molti metri, affinché la Pecorella non potesse più distrarsi con la Stella, disegnando all'interno del recinto astri più luminosi di quelli che avrebbe offerto la notte.
Ma non servì a nulla, perché la Pecorella rimase immobile in quell'angolo di recinto a guardare la sua stella ad occhi chiusi, anche se non la poteva più vedere.
Fu così che un giorno in cui il gregge era al Pascolo e il Pastore cadde addormentato sull'erba, la Pecorella salutò le sorelle imboccando il sentiero nel bosco a cercare la sua Stella.
Iniziò a camminare tra il buio delle fronde senza voltarsi indietro, con la speranza che lungo la strada avrebbe incontrato la luce per non sbagliare direzione.
Ad un certo punto, la Pecorella trovò davanti a sé un Lupo, con l'aria famelica e feroce. La Pecorella si fece immobile e disse: "Buongiorno Sig. Lupo, conosci la mia Stella che si trova alla fine del bosco?"
Il Lupo, stupito, rispose: "Non so nulla della tua stella, il mio unico scopo è trovare cibo. Ho fame e adesso l'ho trovato."
La Pecorella: "Come hai fame? Non hai un Pastore? Posso indicarti la strada per arrivare al recinto del mio Pastore, Lui è buono e ti darà cibo tutti i giorni."
Il Lupo, colpito dalla temeraria Pecorella, la lasciò andare, mettendosi sul cammino per il recinto del Pastore, poi si voltò e disse: "Pecorella non conosco il tuo astro, ma se dici che è alla fine del bosco, quello è il sentiero".
La Pecorella ringraziò il Lupo e continuò a camminare. Era talmente felice di aver trovato la giusta direzione che non si accorse del fosso che si apriva proprio sul sentiero e fu così che cadde rovinosamente in un buco della terra molto profondo.
Quando giunse al fondo del fosso, tutta ammaccata, vide che non era sola. Vicino sedeva un lunghissimo Serpente, tutto arrotolato e con il capo eretto, pronto a mordere la Pecorella.

Ma la Pecorella si voltò e disse: "Buongiorno Sig. Serpente, dove mi trovo? Stavo cercando la mia Stella alla fine del bosco e sono caduta"
E il Serpente disse: "Sei nella mia tana e dovresti avere paura".
La Pecorella: "E perché dovrei? Sei molto solo qui, perchè hai scelto questa tana?"
Il Serpente: "Perchè tutti mi trovano brutto, nessuno mi ama e mi vogliono schiacciare appena mi vedono. Qui non mi trova nessuno"
La Pecorella, intenerita, rispose: "Ma se mi aiuti ad uscire posso indicarti un posto dove sarai amato ogni giorno"
Allora il Serpente si fece fune dal fondo del fosso fino alla superficie e fece uscire la Pecorella che gli indicò la strada verso il recinto del Pastore.
La Pecorella proseguì il suo cammino, un po' affamata, ferita, ma felice. Decise di trovare un luogo dove riposare e vide una bellissima roccia tra gli alberi. Si arrampicò quasi sulla cima, dove si trovava una piccola radura e lì si distese.
Ma appena chiuse gli occhi, si avvicinò minacciosa un'Aquila.
La Pecorella si accorse della presenza e si destò: "Buonasera Aquila, sto cercando la mia Stella alla fine del bosco e mi sono fermata su questa roccia per riposarmi un po'"
L'Aquila, indispettita, rispose: "Ma questa è la mia roccia"
E la Pecorella dispiaciute disse: "Non sapevo fosse la tua roccia, pensavo fosse solo una roccia. A cosa ti serve?"
L'Aquila disse: "Per fare il mio nido. Ho bisogno di un luogo protetto"
La Pecorella "Ma allora domattina se mi alzerai in volo ti indicherò la strada per il recinto del mio Pastore, lì potrai trovare protezione ogni giorno"
Fu così che il mattino seguente, l'Aquila portò in volo la Pecorella fino alla fine del bosco e poi si voltò verso il recinto del Pastore.
La Pecorella arrivò alla meta e non si stupì di non vedere la Stella, perché era sempre stata dentro di lei. Vide dei pascoli meravigliosi, fioriti di ginestre e papaveri, percorsi da rigogliosi ruscelli.
Sul ciglio del bosco vide il Pastore, tutto trafelato, che stava correndo verso il pascolo urlando: "Pecorella ti ho trovata, ti eri smarrita, avrai incontrato il Lupo, il Serpente e l'Aquila, come hai fatto ad arrivare qui?
La Pecorella si avvicinò al suo Pastore e disse: "Mi hanno aiutata loro. Il Lupo aveva solo fame, il Serpente aveva bisogno d'amore e l'Aquila di protezione"
Il Pastore, perplesso, disse: "Va bene, anche tu sarai affamata, hai bisogno di amore e di protezione. Ti riporto al recinto. Sai che ti voglio bene e che non mi devi lasciare solo."

La Pecorella rispose: "Anche io ti voglio bene e per questo non ti chiedo di restare, devi tornare al tuo recinto, come io devo restare con la mia Stella. Non sarai solo".
Il Pastore afflitto comprese e ritornò al suo recinto. Con grande stupore, non trovò nessuna pecora, ma soltanto un Lupo, un Serpente e un Aquila. Imbracciò il fucile per ucciderli, ma poi si fermò ricordando le parole della Pecorella:
" "Mi hanno aiutato loro. Il Lupo aveva solo fame, il Serpente aveva bisogno d'amore e l'Aquila di protezione"
Da quel il giorno il Pastore diede cibo in abbondanza al Lupo, amore incondizionato al Serpente, e un nido protetto all'Aquila, ma il recinto non venne più chiuso.
Essi restarono.



 

Nel bosco dei nonso

Nel bosco dei non so, non vivono solo i Nonso, ma anche il popolo dei No.
Al margine del bosco vi è una graziosa casetta costruita in legno di faggio dove
un bellissimo comignolo con sopra un gallo in ferro, dall’aria impertinente, disperde nel cielo un sottile fumo azzurro prodotto dal camino sempre acceso. Anche d’estate.
Perché? mi chiederete, perché nessuno lo spegne mai.
Tutti gli anni, quando il sole inizia a far capolino tra i rami delle grosse querce, e l’aria si riscalda trasportando il calore in tutto il bosco, la famiglia dei No si ritrova sempre con lo stesso irrisolvibile problema.
La mamma, signora Sempreno, ordina alla figlia Nono
-Spegni il camino tesoro-
E la bambina educata risponde
-no no-
Allora la signora Sempreno, si rivolge al figlioletto Nonsipùopropriono
-caro spegni il camino per favore?-
Alchè lui risponde prontamente
-Non si può proprio no-
Quindi si mettono tutti in attesa del papà, che sicuramente avrete già capito che lavoro svolge. No? È boscaiolo, avendo il camino acceso tutto l’anno, la famiglia dei No ha costantemente bisogno di legna da ardere. Egli esce la mattina presto, l’accetta in spalla, il carretto legato al somarello e via, se ne va per boschi a raccogliere legna o ad abbattere gli alberi ammalati.
Quando esce, la mattina all’alba, la signora Sempreno, lo saluta baciandolo sulla fronte e gli raccomanda
-torna presto caro-
E lui sorridendole, le risponde sempre
- certo che no-
Avrete già capito il suo nome, egli è papà Certocheno.
Al suo rientro a casa, tutti lo abbracciano, scaricano il carretto, portano in casa la legna, rifocillano lo stanco somarello e chiedono al papà
-spegni il camino, papà-
E la sua risposta è sempre la medesima
-Certo che no-
Così, se vi capiterà di passare per il bosco dei Nonso in piena estate e vedete che da un comignolo di una graziosa casetta in faggio esce fumo, non domandatevi il perché.
Mi raccomando, non pensiate di far loro un favore entrando a spegnergli il camino; in inverno morirebbero di freddo, perché nessuno di loro l’accenderebbe più.
E son certo che se chiederete loro
-volete che vi spengo il camino?-
Vi risponderebbero in coro
-no no, certo che no, non si può proprio no, sempre no-



Una volpe affamata vide dei grappoli d'uva che pendevano da un pergolato e tentò d'afferrarli. Ma non ci riuscì. "Robaccia acerba!", disse allora fra sé e sé; e se ne andò.

Così, anche fra gli uomini, c'è chi, non riuscendo, per incapacità, a raggiungere il suo intento, ne dà la colpa alle circostanze.


Al lupo! Al lupo!

In un villaggio viveva un pastore che di notte doveva fare la guardia alle pecore. Si divertiva a fare uno scherzo: mentre le altre persone erano a dormire egli cominciava a gridare: "Al lupo, al lupo!" Così tutti si svegliavano e accorrevano per aiutarlo. Ma dopo il pastore burlone rivelava che era stato tutto uno scherzo. Questo scherzo continuò per parecchi giorni, finché una notte il lupo arrivò veramente. Il pastore cominciò a gridare: "Al lupo, al lupo!". Ma nessuno venne ad aiutarlo perché tutti pensarono che fosse il solito scherzo. Così il lupo si mangiò tutte le pecore.




La speranza è quel velo della natura che nasconde le nudità della verità.











  















Se hai mille idee e soltanto una risulta essere buona, sii soddisfatto.

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