IL MONDO DI..RACCONTI, FIABE E C.


















L’otto o lotto


“Ciao Tommaso! Da quanto tempo!!!! Ma che fine hai fatto?”
“Wee carissimo! Che fine ho fatto io? Che fine hai fatto tu?”
“Beh, sai, ho avuto un po’ da fare…”
“Sì, vabbè…. è come andare a messa… non si ha mai tempo…”
“No, veramente… mi sposo!”
“Azz!! Allora sei giustificato… ahahahaah! Quando?”
“Il 26 agosto… siamo agli sgoccioli, che stress! Non vedo l’ora che finisca! E tu hai programmi? Quand’è che ti sposi con Marika?”
“Io? …Io lotto”
“L’otto di settembre?!”
“No…”
“L’otto di ottobre?”
“No…”
“Oooh, l’otto di che?”
“Lotto per non sposarmi!!! ahahahah”
“AHAHAHAHAAH! Fai benissimo!”








Un posto che si chiama casa…



Una notte d’amore a volte decide il destino di un altro essere umano…
Sono dentro, un posto nuovo… mi sento fremere spingere… spostamenti continui in più direzioni. Suoni sconosciuti, fluidi che mi fanno sentire al sicuro… cambiano consistenza… trasmettono energia come impulsi e mi sento cullare da questo nuovo mondo che mi avvolge.
In questo liquido ogni suono risulta ovattato e sento comporre come musica su uno spartito, nozioni che veicolano verso di me nutrimento modificando, aggiungendo, incorporando piccole parti di un DNA.
Un mix di DNA che cambia, assimila, incastra e sostituisce formulando un nuovo codice genetico che poi diventerà unico.
In questo centro caldo sento impulsi, corrono stimoli, scossoni e cambi di direzione, come se fossi una nave che cerca di evitare scogli e viaggia a volte veloce a volte lenta a volte in modo tumultuoso, mi fanno pensare che faccio parte di un ingranaggio più grande, poi riprendo un sonno lungo settimane.
Ogni risveglio mi porta ad una nuova coscienza del mio io. Ogni risveglio mi rende consapevole. Questo corpo che mi sta trasportando, questo corpo che ancora non conosco… ma vedo… il suo volto attraverso i suoi occhi, si riflette nella mia mente. La notte ci scambiamo queste informazioni. Le sue mani accarezzano e mi parlano, la voce che sento e le melodie, i suoni di questo mondo che trasmettono immagini come cartoline.
Comincio a sentire che non sono sola e che sicuramente avrò più di un altro essere vicino. Poi comincio a sentire voci e strani sentimenti invadono la mia anima e sento nel mio corpo che è ancora molle gelatinoso… deve completarsi e sento che lei soffre sente tristezza e paura per un giorno che ancora non abbiamo deciso nessuno dei due. Sarà la mia nascita…
Comincio a essere impaziente, curiosa e vorrei vedere con i miei occhi quello che in questi 7 mesi ho solo assimilato per informazioni che ancora non so usare e che il DNA mi ha raccontato.
Poi riprendo un ultimo sonno, riposo per accrescere i miei poteri per fare una uscita alla grande… (scusate mi sono fatta prendere la mano)
E’ giunto il momento fatidico sento Voci concitate, sento correre sento di nuovo spinte… ma forti molto più forti… non so se avere paura oppure essere felice. Mi sento quasi come se il posto sicuro, il posto caldo mi volesse espellere… tanti movimenti mi fanno pensare che è giunto il momento. Allora ricordo quell’IMPUT che il DNA mesi fa mi ha trasmesso. Raccolgo con forza una nuova identità e mi faccio trasportare in quello che da oggi in poi sarà per sempre il mio mondo.






Si scioglieva i capelli e rideva


Si scioglieva i capelli e rideva, rideva di quel sorriso che gli era fatale per quel largo nel cuore che riusciva a dilatare. Quel riso si faceva largo con la luce del mattino, col passo che solo lei sapeva muovere verso le sue fessure nascoste. Le spalle radiose, ora, cadevano fluttuanti fra i riccioli morbidi di quel castano di miele setoso. Si faceva vicina, padrona d’ogni angolo al primo accesso.
Parlava, parlava, raccontava di niente, e lui niente ricorda; quelle labbra muovevano l’aria intorno al solo scopo d’incanto. Le sue mani, farfalle d’un mattino d’estate s’attardavano, ora su un’asola, ora sciogliendo i suoi nastri, ipnotizzandogli lo sguardo arreso in quella danza spoglia da astuzie, a pensieri sciolti. Quanto era bella alla luce di quei suoi vaghi pensieri.
Cosa diceva? Che darebbe, ora, per ricordare una sola di quelle parole, per potersela seminare nella bocca, per far rinascere quelle carezze che pure ha dimenticato ma che lo torturano come un ricordo che si perde sulla punta della lingua e che, forse, riapparirà in un sogno, in una notte felice, devastante.





giorni perduti

Qualche giorno dopo aver preso possesso della sontuosa villa, Ernst Kazirra, rincasando, avvistò da lontano un uomo che con una cassa sulle spalle usciva da una porticina secondaria del muro di cinta, e caricava la cassa sul camion.Non fece in tempo a raggiungerlo prima che fosse partito. Allora lo inseguì in auto. E il camion fece una lunga strada, fino all'estrema periferia della città fermandosi sul ciglio di un vallone.Kazirra scese dall'auto ed andò a vedere. Lo sconosciuto scaricò la cassa dal camion e , fatti pochi passi, la scaraventò nel vallone, che era ingombro di migliaia e migliaia di altre casse uguali.Si avvicinò all'uomo e gli chiese: "Ti ho visto portar fuori quella cassa dal mio parco. Cosa c'era dentro? E cosa sono tutte queste casse?"Quello lo guardò e sorrise: "Ne ho ancora sul camion da buttare. Sono i giorni."

"Che giorni?"

"I tuoi giorni."

"I miei giorni?"

"I tuoi giorni perduti. I giorni che hai perso. Li aspettavi, vero? Sono venuti. Che ne hai fatto? Guardali, intatti, ancora gonfi. E adesso?" Kazirra guardò. Formavano un mucchio immenso. Scese giù per la scarpata e ne aprì uno. C'era dentro una strada d'autunno , e in fondo Graziella, la sua fidanzata, che se ne andava per sempre. E lui neppure la chiamava. Ne aprì un secondo. C'era una camera d'ospedale, e sul letto suo fratello Giosuè che stava male e lo aspettava. Ma lui era in giro per affari. Ne aprì un terzo. Al cancelletto della vecchia misera casa stava Duk, il fedele mastino, che lo attendeva da due anni, ridotto pelle e ossa. E lui non si sognava di tornare. Si sentì prendere da una certa cosa quì alla bocca dello stomaco. Lo scaricatore stava dritto sul ciglio del vallone, immobile come un giustiziere. "Signore!" gridò Kazirra, mi ascolti. Lasci che mi porti via almeno questi tre giorni. La supplico. Almeno questi tre. Io sono ricco. Le darò tutto quello che vuole. Lo scaricatore fece un gesto con la destra, come per indicare un punto irraggiungibile, come per dire che era troppo tardi e che nessun rimedio era più possibile. Poi svanì nell'aria, e all'istante scomparve anche il gigantesco cumulo di casse misteriose.

E l'ombra della notte scendeva

 Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che camminavo sulla sabbia accompagnato dal Signore, e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita.
Ho guardato indietro e ho visto che ad ogni giorno della mia vita proiettato nel film apparivano orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore
.

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